Mitologia: Nell’antichità era la pianta più amata e venerata, tanto che chi avesse abbattuto un olivo, veniva condannato alla pena di morte. Il motivo di tanta venerazione si spiega alla luce della mitologia greca.
Zeus stabilì che la terra sarebbe stata concessa a chi, tra Atena e Poseidone, avesse presentato un dono utile per l’umanità. Poseidone scagliando il suo tridente contro la roccia, fece sgorgare acqua di mare significando con tale gesto il suo potere sui mari.Atena a sua volta, percosse la terra ordinandole di produrre un albero nuovo e meraviglioso e, all’istante nacque l’olivo.
Il Consiglio di Olimpo affermò che, quest’ultimo, era sicuramente il miracolo più utile e decretò vincitrice Atena.
Fonti documentarie e letterarie descrivono feste in onore della dea, dove vincitori delle gare ricevevano anfore del prezioso olio proveniente dagli uliveti della dea.
L’olivo è originario dell’Asia Minore: dall’altopiano dell’Iran, dalla Siria e dalla Palestina si diffuse, qualcosa come 5000 anni fa in tutto il Bacino del Mediterraneo. Nell’Isola di Creta lo si coltivava già nel 3000 a.C., in Spagna si pensa sia apparso verso il V secolo a.C., in Egitto nel II secolo, in Palestina nel I. In questo periodo, secondo la testimonianza di Plinio, l’Italia raggiunse la più alta produzione di olio, infatti le colture arboree e tra queste l’oliveto, avevano una diffusione tale da influire in modo incisivo sul paesaggio agrario.
La coltivazione dell’olio ebbe con i Romani una diffusione notevole, forse anche per le scarse cure che tale coltivazione richiedeva rispetto alle altre. Caduto l’Impero Romano, la commercializzazione agricola si ridusse notevolmente e, anche la coltura dell’olivo declinò. Nel Medioevo furono i conventi a conservare i grandi oliveti, poi anche i Comuni tornarono a nutrire interesse per questa coltivazione.
In Toscana furono i Medici a favorire tale coltura, dando l’avvio a quella che ancora oggi è una delle principali risorse della regione: fu favorita la cessione ai Comuni di terreni boscosi con l’obbligo di affittarli a prezzi minimi a chi li avesse trasformati in oliveti e vigneti. La coltura si sviluppò nelle zone di elezione (fascia superiore tirrenica e colline centrali intorno al bacino dell’Arno e dei suoi affluenti), e nei territori della Maremma.
Oggi l’olivo è presente in circa 95.000 aziende ed occupa una superficie di 56.000 ettari (SAU). Il 68,3% degli oliveti, presenti in aree collinari di diversa natura geologica, si estendono a Nord su terreni con declività elevata (Lunigiana, Garfagnana) e nelle zone centro-meridionali su terreni di modesta altitudine (Chianti, Val d’Orcia, zona Volterrana, Val d’Era, Val di Cecina). La restante frazione è distribuita per il 24% nelle zone montane e solo il 7,7% nel territorio pianeggiante della fascia maremmana.